Nel 3° trimestre l’economia appare ancora debole. Accanto alla conferma di alcuni segnali di miglioramento perdura una lunga serie di dati negativi che riflettono uno scenario globale non brillante e con rischi al ribasso. L’analisi di Confidustria.
Continua la dinamica negativa nell’industria italiana: l’indice PMI (Purchasing Managers’ Index) è in flessione. Gli indicatori annunciano una flessione degli investimenti nel 3° trimestre (+1,9% nel 2°). Gli ordini interni dei produttori di beni strumentali sono scesi a livelli molto bassi e la fiducia delle imprese manifatturiere in agosto è calata ai valori del 2015. La produzione è in calo a luglio (-0,3%) ed è attesa in lieve recupero in agosto.
Nell’ultimo trimestre le vendite italiane di beni hanno continuato a crescere grazie al buon risultato nei mercati extra-UE (USA, Giappone). Male invece l’export nei mercati UE, specie verso la Germania. Le prospettive a breve sono negative.
Germania in panne. Si prospetta un 3° trimestre molto debole in Germania, dopo il lieve calo del PIL nel 2°. Il deterioramento riguarda in particolare industria e scambi esteri. La fiducia delle imprese industriali è scesa ai minimi a luglio.
Scenario globale
La manifattura mondiale sta uscendo da una lunga fase di sviluppo, avvenuta nel segno della globalizzazione. Il tramonto di questa fase, che aveva visto affermarsi a livello mondiale una visione multilaterale degli scambi internazionali e una progressiva liberalizzazione dei mercati, apre un orizzonte nuovo, e pone le economie industriali di fronte a percorsi inediti.
Nel corso del 2018 l’attività produttiva è apparsa in rallentamento in tutte le principali aree del mondo. Questa tendenza fa seguito a un biennio di espansione che ha permesse di ridare ossigeno all’industria italiana. In questo quadro l’Italia si conferma comunque la settima potenza manifatturiera mondiale. L’Italia mantiene invariata la sua quota, pari nel 2018 al 2,3 per cento, così come resta costante la distanza dalla Germania (6,1per cento), dalla Corea (3,1 per cento) e dalla Francia (2,1 per cento).
Italia sempre al 7mo posto della classifica mondiale dei produttori manifatturieri (Valore aggiunto settoriale a dollari correnti, quote percentuali sul totale mondiale tra parentesi)
L’Italia si trova di fronte a un contesto fortemente mutato, in cui il sostegno garantito fin qui dalla domanda internazionale rischia di ridimensionarsi, riproponendo la questione irrisolta di un mercato interno strutturalmente debole.
L’industria – pure sostenuta dalle politiche di incentivazione alla trasformazione della manifattura in chiave 4.0 – risente a sua volta del clima di crescente incertezza, sia sul piano economico che su quello politico. Il rallentamento del commercio mondiale impone a tutti i sistemi economici di tornare a fare affidamento più che in passato sul mercato domestico.
Positivo il fatto che una parte rilevante del sistema produttivo italiano abbia imboccato da tempo la via dell’upgrading qualitativo per rispondere alla crescente concorrenza di prezzo proveniente dal mondo emergente, spostandosi su fasce di mercato a maggiore contenuto di valore aggiunto.
Le possibilità di espansione della produzione appaiono vincolate in termini ormai strutturali dalla debolezza della domanda interna, che nonostante un leggero recupero negli anni più recenti seguita a mantenersi meno dinamica di quella degli altri principali partner europei.
La forza dimostrata dai produttori nazionali sui mercati internazionali – si afferma nel report di Confindustria – non può bastare a sostenere l’intera manifattura, perché anche per i settori e le imprese più orientati verso l’estero il peso del mercato interno è, mediamente, preponderante.
La manifattura italiana impiega oggi quasi 4 milioni di persone (650mila in meno di quelle che impiegava nel 2007). Secondo Confindustria, il ridimensionamento subito negli anni di crisi appare ormai strutturale, anche per effetto di una ricomposizione dell’occupazione verso i servizi che caratterizza fisiologicamente la fase più avanzata dello sviluppo dei paesi industriali.