In un mondo in cui l’innovazione, non solo quella tecnologica, si afferma come il principale motore di crescita economica, il problema principale delle organizzazioni e delle aziende diventa la gestione del cambiamento. Ecco i modelli di business che si stanno imponendo con l’affermazione dell’Outcome Economy, tema che sarà al centro di IBE, Industry Big Event 2019, il tradizionale appuntamento di Pentaconsulting dedicato all’innovazione che si svolgerà l’8 novembre presso il Cefriel di Milano
di Umberto Cugini, Politecnico di Milano
Tutto cambia sempre più velocemente: le tecnologie, che seguono una propria logica evolutiva ed autonoma; le necessità, esplicite o latenti dell’utente e del mercato; le aspettative ovvero le prestazioni attese in termini di disponibilità o costo; il contesto, dove l’incontro tra domanda offerta dipende tradizionalmente dalla creazione di valore.
In questo scenario il mercato acquisisce dinamismo e perde staticità. Poiché il cambiamento è la costante, prodotti, processi e competenze durano sempre meno, condizione che determina un aumento dei consumi ed una fisiologica e tendenziale espansione dei mercati. Non solo, domande e risposte tradizionalmente formulate per orientare lo sviluppo prodotto diventano valide per spazi temporali sempre più ristretti.
Dato lo scenario appena descritto, le opportunità per chi opera dalla parte dell’offerta e fornitura di beni e servizi devono essere colte in modo più puntuale e definito. Non c’è più spazio per i followers: chi prende decisioni in ritardo o commette errori è destinato a perdere progressivamente rilevanza. Tutto questo alla luce delle due classiche ipotesi di mercato: quando è la domanda a chiamare e cercare le risposte; quando sono le risposte invocate a indurre e/o spingere la domanda. Il tutto in coerenza con un “Contratto Economico” che, attraverso l’acquisto di un bene fisico che viene trasferito o reso disponibile temporaneamente, permette al customer di generare e/o gestire la soluzione al suo problema (cosa non marginale in quanto implica conoscenze, competenze e skill adeguate).
Oggi, e sempre più domani, l’offerta – di un bene o servizio – evolve a un livello “meno fisico e transazionale”. L’obiettivo diventa prendersi in carico il problema che genera la domanda e risolverlo, cioè fornire tout court la soluzione. Questa è quella che viene definita la nuova era dell’outcome economy. I campioni di questo nuovo gioco sono coloro che, detenendo il contatto diretto con il potenziale acquirente, possono definire in tempo reale necessità vere o latenti, gusti, qualità percettive più apprezzate, struttura del valore percepito, dimensioni dei potenziali mercati, eventuali integrazioni con altri prodotti e/o settori di mercato, sinergie di comunicazione, accesso e, soprattutto, garanzia di “delivery”.
Il nuovo Contratto Economico prevede l’acquisto di un bene fisico che viene trasferito o reso disponibile temporaneamente, permettendo al Cliente di generare e/o gestire la soluzione al suo problema
Ecco, quindi, l’emergere dei nuovi deus ex machina dell’outcome economy. Che non sono più gli ideatori delle nuove tecnologie e/o dei nuovi prodotti, ma i padroni delle piattaforme di comunicazione e interazione con i differenti contesti di mercato. Tutto questo è più che evidente per quanto riguarda i mercati B2C, ma lo stesso paradigma, le stesse strategie e perfino molti degli stessi strumenti informatici e logistici di supporto (che possono costituire una parte rilevante del servizio e della soluzione) si possono applicare al B2B.
I deus ex machina dell’outcome economy non saranno più gli ideatori delle nuove tecnologie e/o dei nuovi prodotti, ma i padroni delle piattaforme che comunicano e interagiscono con i differenti contesti di mercato
E qui veniamo al nuovo ruolo del contesto legato alla crescita esplosiva dell’IIoT (Industrial Internet of Things). Un contesto non più statico ma dinamico e autonomo; una dimensione in grado di acquisire sempre più rapidamente “oggetti” attivi che diventano soggetti indipendenti che “sentono”, misurano, acquisiscono dati, li elaborano e che, essendo connessi, comunicano autonomamente e/o rispondono se interrogati. Una prospettiva, quella dell’IIoT, virtualmente in grado di cambiare la nostra vita, che continua a crescere in modo esponenziale e che secondo McKinsey, nel 2025 potrebbe valere 7,7 trilioni di $.
La disponibilità di questa enorme rete autonoma di “smart device” fa si che ogni situazione reale possa essere riconosciuta, modellata e simulata – autonomamente ed automaticamente – prospettando così possibili evoluzioni e orientando decisioni – di utenti e responsabili della conduzione e del controllo dei più svariati processi – che interessano anche la nostra vita quotidiana, basti pensare ai progressi che si stanno facendo in termini di veicoli a guida autonoma.
Ogni situazione reale può essere riconosciuta, modellata e simulata – autonomamente ed automaticamente – prospettando così possibili evoluzioni e orientando decisioni
La rapida diffusione dell’IIoT cambia completamente il quadro di riferimento ma soprattutto le regole del gioco perché questa dimensione smart può interagire con le persone (già oggi più di due terzi della popolazione mondiale è provvista ed usa dispositivi di comunicazione individuale in rete). Il contesto globale definito dall’IIoT diventa così di fatto il mercato di riferimento, per tutti: vendor, utenti, grande pubblico, comparti privati e pubblici.
In ultima analisi, il contesto diventa parte essenziale della soluzione o, in molti casi, è esso stesso la soluzione. Ovviamente emerge in tutta la sua evidenza un problema: se il contesto evolve autonomamente, e diventa esso stesso parte della soluzione, come potrà essere controllato e gestito per ottenere obiettivi specifici e personali? Diventa indispensabile prevederne la sua evoluzione e, dove possibile, riuscire a gestirlo almeno per quella parte che serve.