L’esistenza di algoritmi intelligenti che sfruttano la maggiore potenza computazionale fornita dell’hardware e quantità enormi di informazioni digitali, implica un processo di ottimizzazione che dovrebbe focalizzarsi sui risultati di business grazie ai dati generati dai dispositivi connessi. L’industria sta gradualmente maturando, passando dal contare i nodi IoT a misurare il valore del loro contenuto.
Lo sviluppo tecnologico ha un’evoluzione imprevedibile. Come un fiume carsico, l’intelligenza artificiale, ha percorso 50 anni di storia prima di diventare quella che viene ormai indicata essere la leva per la trasformazione digitale. Basti ricordare che il termine fu coniato dal matematico statunitense John McCarthy nel 1956. In senso lato potremmo descrivere l’AI come l’abilità di un sistema tecnologico di risolvere problemi o svolgere compiti e attività tipici della mente e dell’abilità umane. In ambito industriale significa per esempio poter realizzare macchine in grado di agire autonomamente, risolvendo problemi e compiendo tutta una serie di azioni. Machine Learning e Deep Learning sono i sottoinsiemi dell’AI che vengono oggi utilizzati in applicazioni di questo genere.
Come un fiume carsico, l’intelligenza artificiale, ha percorso 50 anni di storia prima di diventare quella che viene ormai indicata essere la leva per la trasformazione digitale.
L’applicazione estensiva di questi modelli tende a dare forma a quelle che da più parti viene definita come l’era dell’autonomous computing. Il denominatore comune del possibile scenario che va emergendo è, infatti, di una sempre più forte autonomia funzionale di tutte le componenti abilitanti nuovi processi. La crescente diffusione di sensori e microchip applicati macchine e sistemi, associata ala una capacità computazionale senza precedenti, implica un automatismo decisionale, a tutti i livelli. In estrema sintesi significa l’AI si candida a dare velocità al business, offrendo non solo insight su processi e attività una volta inimmaginabili, ma introducendo capacità attuative all’interno di infrastrutture manifatturiere e industriali. sono gli strumenti con i quali questi dati vengono analizzati e trasformati in informazioni utili, a supporto di decisioni strategiche e di business. È l’essenza di quella che oggi chiamiamo data driven economy, vale a dire una economia guidata dall’intelligenza dei dati e dall’intelligenza sui dati.
L’AI si candida a dare velocità al business, offrendo non solo insight su processi e attività una volta inimmaginabili, ma introducendo capacità attuative all’interno di infrastrutture manifatturiere e industriali.
I progressi negli algoritmi di apprendimento automatico uniti a una connettività e al cloud computing distribuito, consentono di addestrare reti neurali con algoritmi applicati a quantità incrementali di dati, promettendo un’autonomia interpretativa e funzionale superiore a quella acquisibile in passato. Insomma, come in un qualsiasi sistema neurovegetativo se si riescono ad avere più percettori e terminali sensoriali l’algoritmo AI riesce a implementare capacità in grado di sviluppare proprie funzioni cognitive. Più IOT, più sistemi intelligenti dunque. L’esistenza di algoritmi intelligenti che sfruttano la maggiore potenza computazionale fornita dell’hardware e quantità enormi di informazioni digitali, implica tuttavia un processo di ottimizzazione che dovrebbe focalizzarsi sui risultati di business grazie ai dati generati dai dispositivi connessi. L’industria sta gradualmente maturando, passando dal contare i nodi IoT a misurare il valore del loro contenuto.
I progressi negli algoritmi di apprendimento automatico uniti a una connettività e al cloud computing distribuito, consentono di addestrare reti neurali con algoritmi applicati a quantità incrementali di dati, promettendo un’autonomia interpretativa e funzionale superiore a quella acquisibile in passato.