Quella che stiamo attraversando è senza dubbio un’epoca di grandi cambiamenti per lo scenario economico e geopolitico internazionale. Che si tratti di nuovi trend o di “grandi ritorni”, si fa strada la sensazione che il mondo sia vicino a un punto di svolta. Una svolta che potrebbe giungere come esito di due grandi processi: l’avanzata delle economie emergenti e il confronto sempre più serrato tra Stati Uniti e Cina. L’analisi dell’attuale dinamica economica tracciata in un recente report di Assolombarda realizzato in collaborazione con l’Ispi.
Se nel 1980 le economie avanzate producevano ancora i tre quarti del Pil mondiale, mentre quelle emergenti si limitavano al restante 25%, oggi si è sempre più vicini al momento – previsto per il 2023 – in cui le economie emergenti produrranno esattamente la metà del PIL mondiale, raggiungendo così i Paesi avanzati. Una dinamica che è ben evidente se si guarda all’economia cinese, oggi 13 volte più grande rispetto a trent’anni fa e a quella indiana, cresciuta di circa 6 volte.
I diversi pesi via via assunti dagli Stati nell’economia mondiale hanno fatto sì che il baricentro economico del mondo si postasse sempre più verso est. Nel 1980 il centro di gravità del mondo – ovvero quel punto sulla carta geografica più vicino possibile ai paesi economicamente più grandi – si trovava nell’oceano Atlantico, non lontano dall’Europa. Oggi questo si trova in prossimità del mar Nero, tra l’Europa della bassa crescita e i due giganti in continua ascesa (Cine e India). In futuro ci si aspetta un ulteriore spostamento ad est: entro il 2045 questo punto si troverà a poche centinaia di chilometri da Pechino e si caratterizzerà per essere il simbolico passaggio di testimone, dall’Atlantico del Passato al Pacifico del futuro ormai prossimo.
Quello del commercio è solo un primo assaggio della competizione USA-Cina che già oggi, e ancor più domani, si gioca su due terreni di cruciale importanza strategica: la tecnologia e le infrastrutture. Nel primo caso la Cina può già vantare un primato mondiale nella commercializzazione del 5G e intende accelerare ulteriormente, puntando nei prossimi anni alla leadership in altri settori tecnologici fondamentali, come quello dell’intelligenza artificiale. Anche nel secondo caso – le infrastrutture – la Cina ha agito prima e meglio degli USA lanciando la Belt & Road Initiative (BRI), che mira ad avvicinare a sé Paesi che spaziano dall’Asia all’Africa, all’Europa (vedi figura), con diramazioni addirittura fino all’America Latina.
Un avvicinamento, quello appena descritto, ottenuto promettendo a questi Paesi una accresciuta connettività e l’aumento degli scambi commerciali. Ma è ormai chiaro che l’obiettivo cinese sia più ampio e includa il tentativo di sottrare il più possibile questi Paesi all’influenza statunitense. Si tratta dunque di un ampio disegno strategico che investe l’intera proiezione esterna di Pechino. Solo di recente gli Usa hanno risposto all’attivismo cinese, avviando a loro volta progetti di cooperazione infrastrutturale nel sud-est asiatico – il cosiddetto “The Quad” – con i loro tradizionali alleati: India, Australia e Giappone.