Per definizione macchine intelligenti a supporto dell’automazione più estrema, i robot si candidano a diventare parte integrante dei processi di un numero sempre più ampio di aziende. Da una parte il passaggio elettrico dell’industria automotive, dall’altra la progressiva affermazione della robotica collaborativa e dei sistemi ad autonomia avanzata. Come cambia l’utilizzo della robotica nel settore manifatturiero? Analisi e riflessioni nate dalla discussione con Antonio Bicchi, presidente di I-RIM, la neocostituita associazione che ha lo scopo di favorire lo sviluppo e l’uso delle tecnologie della robotica e delle macchine intelligenti su tutto il territorio italiano.
di Piero Macrì
I robot sono utili, liberano l’uomo dalla fatica e dalla ripetitività dei movimenti. La loro applicabilità può essere teoricamente estesa a tutte le attività che implicano una manipolazione di un qualche oggetto. Frontiera più estrema dell’automazione industriale, la robotica sta diventando sempre più avanzata, pervasiva e conveniente. Il costo della componentistica – processori, servomotori, drive, controller e bracci meccanici – è infatti diminuito sensibilmente. Non è un caso, quindi, che nel corso dell’ultimo periodo il tasso di crescita delle macchine intelligenti, anche in Italia, sia stato sempre mediamente superiore a quello dei lavoratori convenzionali. Basti pensare che dal 2007 a oggi, a fronte di un aumento costante dei robot, il numero di occupati nel manifatturiero italiano si è ridotto di 650mila unità.
L’Italia è il secondo mercato europeo della robotica. Lo scenario nazionale e mondiale
Secondo l’International Federation of Robotics (IFR) nel 2018 il mercato mondiale ha raggiunto il valore di 16,5 miliardi di dollari. 422mila le unità consegnate, con un aumento del 6% rispetto all’anno precedente. In Italia ne sono stati venduti quasi 10 mila (9.837 unità), con una crescita del 27%. Sono numeri che hanno permesso al nostro Paese di confermarsi secondo mercato in Europa e sesto meglio classificato a livello mondiale. Meglio di noi Cina, Giappone, Corea del Sud, Stati Uniti e Germania.
Nel manifatturiero la densità in rapporto al numero di lavoratori è pari allo 0,74% ovvero 74 robot ogni 10mila lavoratori. Al primo posto troviamo la Corea del Sud, la cui industria appare di gran lunga la più automatizzata del pianeta, con una densità in rapporto al numero di lavoratori pari al 6,3%. In Europa la fa da padrone la Germania, quarto Paese più automatizzato al mondo, che vanta 309 robot per ogni 10 mila lavoratori.
Gli Stati Uniti, al contrario di quanto si potrebbe supporre, non sono affatto, quanto meno riguardo alla specificità della presenza dei robot, un paese straordinariamente più avanzato di altri: con un indice di densità dell’1,89% esprime un numero di robot installati pressoché identico a quello che evidenzia l’industria manifatturiera italiana, posizionata all’ottavo posto della classifica con un indice dell’1,85%.
Arrivano le “New Factories” per la produzione di auto elettriche
L’affermazione dei motori elettrici richiede la creazione di impianti altamente robotizzati. La trasformazione dell’industria automotive determinerà un’importante crescita della robotica
Mercato naturale e storico della robotica è l’industria automotive. In questo settore il robot è stato l’interprete della catena di montaggio associata a una logica di produzione di massa. Come sta cambiando l’utilizzo delle macchine intelligenti in epoca di trasformazione digitale? «La robotica tradizionale ha oggi raggiunto livelli di penetrazione molto alti. E’ un mercato pressoché saturo, con una crescita modesta poiché quello che si poteva automatizzare è stato automatizzato», spiega Bicchi. Ma come sempre succede le cose possono cambiare rapidamente.
«Si sta verificando una forte discontinuità in virtù della progressiva affermazione della tecnologia elettrica. Tutto ciò richiede la creazione di nuovi impianti o la riconversione di quelli che hanno nel tempo sostenuto la produzione di veicoli a combustione». Un esempio di quanto affermato è lo stabilimento inaugurato lo scorso novembre da Volkswagen a Zwichau, in Sassonia (vedi riquadro).
Siamo comunque solo agli inizi. Secondo Bicchi, «La trasformazione determinerà una momentanea decrescita che verrà poi compensata dall’invasione dei robot nelle smart factory di nuova generazione». Ergo, è del tutto verosimile che nel medio lungo termine si possa assistere a un incremento della densità robotica, raggiungendo valori ancora più significativi di quelli finora riscontrati. «Si sta aprendo uno scenario che determinerà un nuovo impulso alla crescita».
Lo stabilimento Volkswagen di Zwichau
Esclusivamente dedicato alla produzione di auto elettriche a Zwichau si sono iniziati a produrre i modelli della linea ID.3. Per quest’anno anno è prevista la produzione di 100.000 veicoli mentre a regime dovrebbero essere prodotte ben 330.000 unità all’anno. Come ha avuto modo di affermare l’ad della multinazionale tedesca, “Non ci si domanda più se prevarrà o meno l’auto elettrica, ma quanto velocemente e in quale regione del mondo si affermerà per prima”. Zwichau rappresenta a livello mondiale la prima conversione completa di una fabbrica automobilistica. Altri stabilimenti stanno nascendo in Europa, Cina e Nord America. Queste fabbriche si affideranno a un numero di robot superiore a quelli utilizzati in passato poiché la produzione del nuovo millennio nasce all’insegna della connected factory. A Zwichau opereranno 1.700 robot e la logica del co-working aiuterà a migliorare ulteriormente le condizioni di lavoro, esonerando i lavoratori dalle operazioni fisicamente più gravose e sfavorevoli dal punto di vista ergonomico.
Da unità produttiva della grande azienda a macchina intelligente flessibile ed eclettica
Interfacce uomo-macchina sempre più intuitive renderanno possibile utilizzare robot in contesti che in passato sarebbero stati inimmaginabili
Altro fenomeno che rappresenta un fattore espansivo sono le nuove applicazioni collaborative. «E’ questa la grande novità cui abbiamo assistito negli ultimi dieci anni. Una novità che ha tutti i presupposti per poter cambiare la natura organizzativa e produttiva delle PMI». I costi sono accessibili, gli investimenti fattibili. Si tratta di macchine più leggere che tipicamente spostano carichi minori, il cui deployment richiede interventi contenuti per la strutturazione dei processi di produzione.
Maggiore intelligenza, prevedibilità e dimensioni ridotte rendono i cobot meno pericolosi rispetto ai suoi predecessori. Se le macchine più vecchie erano confinate in gabbie protettive, e avevano un’interazione limitata con gli operai, i piccoli robot collaborativi possono lavorare in sicurezza anche in presenza degli operatori. «Il co-working human/robot è una realtà con tutti faranno presto i conti. Ed è una grandissima opportunità. In ambito tecnologico sono solitamente gli americani o gli asiatici a prevalere. Con la robotica collaborativa è l’Europa a essere all’avanguardia e l’Italia è uno dei Paesi che può dare un apporto decisivo grazie alle eccellenze diffuse che esistono nel territorio».
Flessibilità e adattabilità. La nuova personalità cobot delle macchine intelligenti
Entrano in scena macchine la cui prerogativa è la flessibilità, grazie anche alla semplicità con cui è possibile programmare questi oggetti. «Normalmente, una macchina utilizzata in cicli di verniciatura o di saldatura all’interno di una grande catena di montaggio veniva programmata per un certo tipo di sequenza fino all’esaurimento del ciclo di vita. La robotica collaborativa è invece per lo più pensata per integrare operazioni di lavoro diversificate, per tipologia e per volumi». Insomma, sono macchine adattabili che permettono di rendere sostenibili più attività.
Alcuni robot di nuova generazione sono poi progettati per essere integrati con il corpo umano: guanti robotici ed esoscheletri completi o parziali possono essere indossati per rendere i lavoratori più forti e ridurre la fatica e il rischio di lesioni. Quest’ultimo aspetto porta ad affermare che la robotica tenderà certamente a diventare parte integrante dei processi, agendo come tecnologia complementare alla flessibilità che continuerà ad essere assicurata dalla presenza dei singoli lavoratori.
Il vero driver evolutivo è il software
Ecco, quindi, spiegata la grande attenzione verso il software, il cui obiettivo è rendere le macchine gestibili anche da personale non specializzato. Come dice Bicchi, «Si va verso una robotica personale così come accaduto in senso lato per quanto riguarda le tecnologie più innovative che si sono affermate nell’ultimo decennio».
Interfacce uomo-macchina sempre più intuitive permetteranno di nascondere la complessità sottostante dando la possibilità di utilizzare robot in contesti che in passato sarebbero stati inimmaginabili. Questo è uno temi cruciali su cui è attualmente impegnata la ricerca ed è una tendenza che permetterà a queste tecnologie di imporsi anche al di fuori dei processi produttivi. «Non è un caso che il modello di business di nuove imprese sia basato sul software», afferma il presidente di I-RIM.
Quali sono quindi le maggiori sfide con cui ci si confronta? «L’intelligenza artificiale nella sua più pura interpretazione ha raggiunto livelli sorprendenti. La maggiore difficoltà che incontriamo è l’interfacciamento con il mondo esterno. In questo caso non si può ragionare in termini di puri algoritmi». Insomma, attenzione! Il robot è una macchina abitudinaria: se lo si colloca in un ambiente a lui non familiare va in crisi.
Come dire, il robot può soffrire per sindrome da “displacement”: è in grado di interagire con il mondo esterno solo con un numero limitato di esempi o pattern di comportamento. Ecco, quindi che, come sostiene Bicchi, «In futuro non basterà più la tecnologia dell’informazione. Servirà un paradigma dell’interazione di tipo innovativo. E per fare questo si dovrà andare oltre l’intelligenza artificiale, quanto meno per come la si è interpretata fino ai giorni nostri»
Il futuro è la fabbrica ad alta autonomia funzionale
Dalla discussione con il presidente di I-RIM emerge come il denominatore comune del possibile scenario sia contraddistinto da una sempre più forte autonomia funzionale di tutte le componenti abilitanti nuovi processi di produzione. La crescente diffusione di sensori e microchip applicati a cose e, verosimilmente e in forma progressiva, a persone, implica infatti un automatismo dei processi decisionali, a tutti i livelli.
In estrema sintesi il combinato disposto di robotica e automazione industriale è sempre più determinante per imprimere velocità al business, offrendo non solo insight su processi e attività una volta inimmaginabili, ma introducendo capacità attuative di gran lunga superiori rispetto al passato. E se è vero che i robot prenderanno sempre più spazio nella fabbrica è altrettanto vero che l’intelligenza delle infrastrutture Ict in divenire produrrà un non meno significativo livello di produttività. E’ questo il motivo che spiega il confine sempre più labile tra robotica e automazione industriale e la pervasività di un’intelligenza applicata a soluzioni del tutto diversificate rispetto al passato.
Dalla produzione alla logistica. La robotica a supporto dell’intera catena del valore
La robotica diventa pervasiva. Accanto al classico robot di linea, veicoli a guida autonoma sono diventati una presenza irrinunciabile nell’ambito della logistica di magazzino.
L’esempio più noto è quello di quanto implementato nei mega warehouse di Amazon, ma è una tendenza che si va diffondendo in realtà logistiche di qualsiasi dimensionei. La proposta di valore associata ai robot dedicati alla logistica sta diventando particolarmente interessante per quelle realtà dove risulta ormai evidente che l’aumento di produttività non può più essere esclusivamente gestito con l’aumento del numero di operatori.
Lo scenario cui stiamo assistendo incentiva la nascita di nuove aziende robotiche o start-up dedicate, focalizzate su soluzioni logistiche che sfruttano tecnologie di nuova generazione che si estendono a sistemi autonomi. Vi sono per esempio aziende che già oggi utilizzano droni, attrezzati con software e videocamere ad alta risoluzione, per automatizzare i processi di inventario. Come? Facendo eseguire ai nuovi oggetti robotici un percorso prestabilito che permette di scansionare i sensori Rfid di prodotti e merci che devono essere movimentati a magazzino.
Chi è I-RIM
L’Istituto nazionale per la robotica e le macchine intelligenti, in inglese Institute for Robotics and Intelligent Machines, abbreviato I-RIM, è un ente senza scopo di lucro, costituito in forma di Associazione. Scopo dell’I-RIM è favorire lo sviluppo e l’uso delle tecnologie della robotica e delle macchine intelligenti per migliorare la qualità della vita, il benessere dei cittadini e in generale le condizioni della Società, mediante lo sviluppo di nuove soluzioni per l’aiuto alle persone, il miglioramento delle condizioni di lavoro, il trasferimento applicativo, la valorizzazione economica della ricerca, il miglioramento della produzione e la sua sostenibilità.
I-RIM è un Istituto nato per offrire un riferimento organizzativo nazionale dei propri associati e dei portatori di interesse, e per interloquire con le istituzioni pubbliche sui temi della Robotica e delle Macchine Intelligenti. L’obiettivo è contribuire alla creazione e al rafforzamento di un raggruppamento nazionale dei portatori di interesse nel campo della Robotica e delle Macchine Intelligenti, ed in generale nella Tecnologia dell’Interazione, che si affianchi e collabori sinergicamente con le associazioni e le organizzazioni che si focalizzano sulle Tecnologie dell’Informazione per raggiungere gli scopi comuni nell’interesse della intera Società.
I-RIM aiuta le imprese aderenti all’Istituto ad identificare i propri bisogni di innovazione, promuovendo l’applicazione industriale e la trasformazione dei risultati della ricerca in nuovi prodotti e/o nuovi processi produttivi. I-RIM crea occasioni di incontro tra domanda e offerta di alta tecnologia su scala nazionale ed internazionale, ad esempio tra distretti industriali alla ricerca di tecnologia avanzata per innovare e migliorare ulteriormente i loro prodotti e processi, ed aree del Paese in cui si fa ricerca di avanguardia ma che hanno minore rispondenza industriale sul proprio territorio. I-RIM fornisce supporto all’organizzazione da parte dei suoi enti associati di percorsi di formazione che rispondano alle esigenze delle imprese, leggendo i bisogni formativi dei diversi territori per creare opportunità di lavoro ad elevata qualificazione e contribuire al trasferimento tecnologico.