Quali sono le iniziative messe in atto a livello europeo per fronteggiare la crisi economica innescata dalla pandemia COVID-19? Come si stanno muovendo le istituzioni europee e quali i provvedimenti straordinari che hanno avviato i singoli Paesi? Se la Germania mette sul piatto 756 miliardi di Euro a salvaguardia del futuro di imprese e famiglie, la Francia 350 e la Spagna 131, l’Italia è un po’ la cenerentola d’Europa (50 i miliardi previsti). Appare evidente che la nostra sorte dipende inevitabilmente dalle misure che verranno prese dalle istituzioni europee. Ma in discussione non è solo il destino dell’Italia. Insomma, parafrasando Garibaldi, “Qui si fa l’Europa o si muore”.
Come scrive Antonio Villafranca, analista dell’Ispi, “Dopo il primo passo falso, la BCE ha dispiegato la sua potenza di fuoco iniettando liquidità e superando la soglia dei 1.000 miliardi per il suo piano di acquisti di titoli pubblici e privati Anche l’Ue ha cercato di fare la propria parte e recuperato 37 miliardi raschiando il barile del suo modesto bilancio”.
Guardando alle singole misure adottate dai 4 grandi Paesi UE – Germania, Francia, Italia e Spagna – si evidenziano profonde differenze, non solo in merito alle cifre complessive rese disponibili, ma anche in merito agli strumenti utilizzati e ai destinatari: imprese e famiglie. Dai dati a disposizione emerge una drammatica realtà: quello che ha messo sul piatto il governo italiano è di gran lunga la somma più modesta. Il decreto Cura Italia vale 25 miliardi che verranno incrementati con un secondo decreto per un ammontare complessivo di 50 milairdi. Di contro la Germania ha varato un piano da 756 miliardi mentre seguono a distanza la Francia con 350 miliardi e la Spagna con 150 miliardi. Secondo gli economisti della Luiss serviranno fino a 180 miliardi per affrontare l’emergenza Coronavirus italiana. Nell’immediato per sostenere i redditi, potenziare la sanità, aumentare le garanzie statali in favore delle Pmi che dipendono dalla liquidità del sistema bancario, e ampliare la sospensione degli appuntamenti col Fisco.
Ecco quanto scrive l’Ispi riguardo alle misure adottate dai 4 Paesi UE.
Iniziamo con la Germania. Il tabù tedesco del pareggio di bilancio è superato: Berlino annuncia un piano di 756 miliardi di euro. Di questi 400 miliardi sono garanzie sui crediti delle imprese, mentre 356 miliardi di euro (il 10% del Pil tedesco) includono stimoli fiscali per 156 miliardi e 200 miliardi per l’acquisto di azioni di imprese in difficoltà (100 miliardi) e per concedere prestiti (100 miliardi) tramite la banca di sviluppo pubblica (KfW). In pratica la Germania rompe ogni indugio indirizzando direttamente alle proprie imprese fino a 600 miliardi di euro, ma soprattutto ripete lo stesso copione seguito nella precedente crisi finanziaria quando aveva salvato molte banche, ma questa volta agendo sul fronte delle imprese. Aiuti di stato e nazionalizzazioni sono dunque parte integrante – e significativa – dell’intervento tedesco. Il perché l’ha spiegato chiaramente il governo federale: non si può permettere che le imprese tedesche, soprattutto quelle più importanti, vengano acquistate a ‘prezzi scontati’ da gruppi stranieri e non.
Nessun altro paese raggiunge gli ammontari tedeschi, nemmeno la Francia. Parigi, infatti, ha finora annunciato un pacchetto che vale la metà di quello tedesco, ovvero poco meno di 350 miliardi di euro. La gran parte sono garanzie sui crediti delle imprese (300 miliardi), mentre il resto è rappresentato soprattutto da sgravi fiscali indirizzati alle imprese e volti a garantire i livelli occupazionali e salariali. Anche la Francia non ha escluso che il governo possa intervenire direttamente sul capitale delle imprese francesi, anche se al momento non ha fornito ulteriori dettagli.
Passando all’altro paese europeo maggiormente colpito dal coronavirus insieme all’Italia, la Spagna, Madrid ha annunciato misure che toccano i 131 miliardi, di cui 100 sono garanzie ai crediti delle imprese e la restante parte stimoli fiscali a imprese e famiglie e supporto al sistema sanitario spagnolo.
“Nessun paese potrà uscire da solo dalla crisi“, dicono gli economisti di Prometeia “occorre un forte e tempestivo piano a livello europeo per fronteggiare l’emergenza e rilanciare l’attività economica: non solo sotto il profilo finanziario, ma anche della crescita reale”. In discussione è il futuro stesso dell’Ue. Finanziare le spese per l’emergenza e – in seconda battuta – il rilancio “con emissioni di titoli europei permetterebbe di ridurne l’onere sui bilanci nazionali e di fare anche un passo in avanti verso la creazione di quel safe asset continentale che potrebbe favorire la diversificazione del rischio dei sistemi finanziari. Non procedere su questa strada rischierebbe di indebolire il progetto europeo, mettendone a rischio il futuro”. Insomma, parafrasando Garibaldi, “Qui si fa l’Europa o si muore”.