Se le conseguenze del coronavirus appaiono drammatiche inizia a prendere forma un cauto ottimismo per i tempi in cui si potrà concretizzare la ripresa economica. Intendiamoci, se tutto va bene il recupero effettivo lo si attende per il 2021. Oggi si deve mettere fieno in cascina – soldi, tanti soldi – e pretendere da parte del Governo e delle istituzioni capacità decisionali e organizzative all’altezza delle sfide con cui ci confrontiamo. (by Pm)
L’uragano COVID-19 ha azzerato i progressi che si erano acquisiti nella seconda metà di questo dell’ultimo decennio consentendo di risollevarci dagli effetti dalle due precedenti perturbazioni, quella del 2008 e quella del debito sovrano del 2011-2012. Ora, se non con la stessa rapidità con cui si è materializzato il virus, ci lasceremo alle spalle anche questa crisi. E’ tempo di ricostruire. Come dire, dalle macerie può nascere un mondo migliore.
L’invito? Essere ottimisti nella consapevolezza che nuove positive condizioni non si creeranno per magia. Si dovranno affrontare tempi difficili. Inizia la Fase 2, una lenta ripartenza che può per creare sin da adesso le premesse per guardare con maggiore fiducia a quello che ci attende. A differenza di coloro che si dichiarano a favore di una politica più protezionistica ciò che emerge da questa crisi è che l’Italia, così come tutti gli altri paesi, hanno bisogno di una maggiore apertura.
La battaglia al coronavirus si gioca in una prospettiva globale, di cooperazione politica, sanitaria, farmaceutica e tecnologica. Un aspetto che potrebbe determinare anche la nascita di un diverso equilibrio geopolitico Est-Ovest. Se si equiparano gli effetti COVID-19 a una condizione post-guerra questa volta il Piano Marshall potrà materializzarsi solo all’interno di una cornice europea. Trump ha i suoi problemi e gli Stati Uniti hanno una politica internazionale ben diversa da quella degli anni cinquanta.
Si deve perciò accelerare un processo di integrazione europea che è stato per troppo tempo depotenziato avendo il coraggio di superare i limiti di unione unicamente monetaria. Che sarebbe l’Italia senza Europa? Come potremmo uscire da soli da una situazione di impoverimento generale e di necessità di approvvigionamento di liquidità? Per l’ennesima volta le regole europee evidenziano tutta la loro inefficacia nell’affrontare le emergenze cicliche che si sono susseguite dal 2008 in poi.
Come dice Alessandro Morselli, professore di politica economica internazionale, “La pandemia ha posto in luce i problemi della creazione dell’Unione monetaria europea senza un bilancio federale, nella convinzione che fossero sufficienti regole di finanza pubblica rigorose per farla funzionare. Così si è diffusa la consapevolezza che a problemi globali si possa replicare con soluzioni nazionali.
Abbiamo compreso – prosegue Morelli – che né la Germania né l’Olanda intendono finanziare l’Italia e la Spagna; quindi è necessario sviluppare un bilancio finanziario europeo di ultima istanza, vale a dire un’istituzione che abbia l’obiettivo di somministrare liquidità ai Paesi europei in difficoltà, al fine di rendere sostenibili i loro debiti sovrani. Ciò potrebbe avvenire attraverso l’emissione di titoli europei, sostenuti dai 19 paesi dell’euro.
Per rendere appetibili i prestiti – conclude Morelli – sarà necessario creare un bilancio europeo, con risorse proporzionali al Pil degli Stati aderenti. “Bisogna agire in tal senso e in fretta, poiché oggi l’interdipendenza delle economie non consente che debiti nazionali eccessivi siano gestiti senza la solidarietà degli altri Paesi”.