Il messaggio che viene evidenziato dall’interessante ricerca realizzata dal team RISE dell’Università di Brescia – “Covid19: gli impatti su Supply Chain e Servitization”, autori Anna Bergamini, Marco Perona, Sergio Baccanelli, Nicola Saccani e Federico Adrodegari – è che per affrontare il post-emergenza e la nuova normalità le aziende devono riflettere su come ridisegnare la propria supply chain di prodotto e servizi. Le supply chain diventeranno meno globali e più locali in quanto si dovrà garantire maggiore rapidità e soprattutto visibilità e controllo su tutto il processo. Sarà essenziale avere filiere corte che potranno essere più rapide, trasparenti e prevedibili. Ma considerato il prolungarsi della crisi può essere utile investire sulla componente di servizio che viene vista come possibile fattore anticiclico.
Per i ricercatori del RISE in questo momento è indispensabile fare un’analisi del proprio rischio di fornitura e della robustezza della propria supply chain (di prodotto e di servizio); essere in grado di costruire e attivare rapidamente scenari alternativi, in primis nel sourcing delle parti di ricambio; avere un portafoglio di possibili partner per l’erogazione dei servizi da affiancare o sostituire alle risorse interne ove necessario. Non solo, perché per esempio non pensare alla tecnologia dell’additive manufacturing per far fronte al rischio di shortage di parti di ricambio?
Tuttavia esiste un possibile fattore di attenuazione del rischio COVID-19 e alla criticità congiunturale della supply chain: perseguire un percorso di servitization ovvero puntare a incrementare il valore del servizio. Come spiega il team dei ricercatori, “Una strategia di Digital Servitization si concretizza nell’adozione strutturata delle nuove tecnologie per migliorare l’erogazione dei servizi attuali e nello sviluppo di nuovi servizi: data-driven, remoti, proattivi e aumentati. Lo si può fare per gradi, sperimentando soluzioni in contesti anche di emergenza, ma con un disegno strutturato a cui tendere”.
La crisi in atto aiuterà a superare certe diffidenze tipiche nei settori B2B sulla condivisione dei dati, e fornirà un’opportunità importante per la crescita di questo tipo di proposte. Il RISE ritiene comunque che al prolungarsi della crisi e, soprattutto delle misure restrittive messe in atto, la criticità della catena di approvvigionamento sia destinata a prolungarsi. “Se da un lato si pensa che grazie al ricorso a fornitori di backup gli approvvigionamenti possano ripartire è più che evidente che il core della manifattura non potrà essere pienamente operativo a causa dei lockdown globali”. In questo senso diventa strategico, soprattutto per aziende prodotto-centriche, orientarsi a nuovi business e ampliare la propria offerta con nuovi servizi.
Servitization: perché i servizi sono più resilienti
I risultati dell’indagine – 180 le aziende coinvolte, per la maggior parte appartenenti alla dimensione del settore manifatturiero – mostrano che pur in uno scenario preoccupante su tutti i fronti, il business della vendita dei prodotti/sistemi/impianti ha una prospettiva più negativa rispetto a quello dei servizi.
Il 66% delle aziende prevede un impatto elevato o molto elevato in termini di riduzione del business “di prodotto”, mentre tale percentuale scende al 49% per il business dei servizi associati al prodotto stesso. Al contrario il 24% delle aziende ipotizza un impatto limitato o nullo sulla vendita dei servizi, a fronte di un 6% per quanto riguarda i prodotti.
I servizi associati ai prodotti (o product services) consistono ad esempio nella vendita di parti di ricambio, l’esecuzione di attività di manutenzione reattiva (cioè dietro richiesta del cliente) o preventiva o proattiva (a scadenza predefinita o sulla base di evidenze legate all’utilizzo del bene in-field), alla formazione del cliente, alla consulenza e ottimizzazione dell’operatività del prodotto in utenza.
Insomma, se gli investimenti in acquisto di nuovi beni saranno rallentati, il calo avverrà in misura molto minore per la domanda di questi servizi. Addirittura, se il rallentamento della vendita di nuovi /prodotti impianti perdurerà, il business dei servizi al prodotto tenderà a crescere, proprio per la maggior anzianità del parco installato (che richiederà maggiore manutenzione, sostituzione di parti, upgrade, ecc.).
L’offerta di servizi al prodotto soffre meno i cicli economici o è addirittura anticiclica, rafforza la relazione con i clienti e la loro fidelizzazione, e costituisce un elemento di differenziazione dalla concorrenza. Inoltre, permette di “entrare” nella catena del valore del cliente, offrendo servizi sempre più avanzati e a valore aggiunto, come la manutenzione predittiva, l’ottimizzazione della produttività o la minimizzazione dei consumi dell’impianto in utenza, ecc.
La “servitization” viene quindi vista in questo momento di difficoltà come una strategia particolarmente utile per le aziende manifatturiere. L’obiettivo è diversificare il business, sostenere la propria profittabilità ed esplorare nuove strade di soddisfacimento dei bisogni dei clienti.