L’economia italiana si trova a dover fronteggiare un pesante crollo della domanda e dell’offerta, interna ed esterna. Per quanto riguarda FEDERTEC – associazione rappresentativa di aziende della meccatronica e della componentistica per un valore complessivo di 12 miliardi di euro – i dati relativi al primo trimestre dell’anno segnalano una perdita di fatturato stimata tra il 10 e il 15%. «Considerando la chiusura quasi totale per l’intero mese di aprile e la riapertura per tutte le aziende solamente dallo scorso 4 maggio, il primo semestre 2020 registrerà inevitabilmente valori significativamente negativi, speriamo non oltre il 20%», afferma il presidente Fausto Villa. Ecco quanto emerso dall’intervista. (nel video un estratto della conversazione)
È verosimile ipotizzare un pieno riscatto economico nel corso del 2021?
Diventa difficile prevedere come sarà il 2021, anche se sembra improbabile al momento che la perdita di fatturato del 2020 possa essere completamente recuperata in un solo anno. Purtroppo abbiamo già vissuto forti crisi economiche e la ripresa non è mai stata così veloce. Se pensiamo alla crisi del 2009 (durante la quale in verità la perdita di fatturato è stata davvero eccezionale, nell’ordine del 45%), pur considerando il forte recupero avvenuto già nell’anno successivo 2010, ci sono poi voluti quasi 8 anni per registrare gli stessi valori di mercato e produzione del 2008.
Dobbiamo essere fiduciosi nel futuro, nel contempo non dobbiamo farci troppe illusioni, soprattutto in una situazione dettata non tanto dai cicli economici, ma da una situazione sanitaria eccezionale e imprevedibile che coinvolge tutto il mondo.
Quali sono le maggiori criticità con cui si stanno confrontando le imprese? Considerate sufficienti i provvedimenti finora annunciati dal Governo per sostenere l’industria manifatturiera?
Già a metà aprile le federazioni di categoria, tramite Confindustria, avevano inviato una lettera al Governo per far riprendere al più presto l’attività produttiva delle aziende, chiaramente nel rispetto dei decreti emanati per la tutela della salute dei lavoratori, ma il Governo ha ignorato la voce degli imprenditori.
C’è delusione sui provvedimenti del Governo. Siamo nella solita politica degli annunci, servono i fatti e non miliardi di Euro a pioggia promessi tre mesi fa e mai arrivati, serve una strategia. Per le aziende occorrono azioni immediate: anticipo della cassa integrazione (la stanno pagando le aziende), contributi per la liquidità nelle casse delle aziende, finanziamenti a fondo perduto e via dicendo.
Se vogliamo salvaguardare il futuro del nostro paese, dell’intera filiera della meccanica, delle imprese, delle famiglie, dei lavoratori occorre agire subito senza tentennamenti o resistenze eliminando tutta la burocrazia che fino ad oggi ha soffocato tutte le azioni necessarie per far ripartire l’economia.
I Governi di molti paesi europei si sono già mossi in questa direzione e hanno dato in pochi giorni (effetto bazooka) quello che in Italia è stato promesso all’inizio della pandemia e che ancora oggi naviga nei meandri dei decreti, nella confusione legislativa.
Bisogna assolutamente vietare che il blocco dell’offerta e il crollo della domanda provochino una drammatica crisi di liquidità nelle imprese, soprattutto nelle piccole, che per la compressione dei fatturati e l’aumento dei costi di gestione, potrebbero mettere a repentaglio la sopravvivenza stessa di intere filiere produttive. Probabilmente molte imprese non riapriranno, altre dovranno ridimensionarsi.
Quali sono le aziende che possono mantenere un alto livello di competitività anche in periodi di crisi?
La rivoluzione industriale è già in atto, e l’Italia è in ritardo, si ha urgente bisogno di networking tra aziende, università e centri di competenza, la formazione è un punto chiave per il nuovo concetto di fabbrica, una vera rivoluzione culturale per le risorse umane e per le imprese.
Sicuramente le aziende più strutturate hanno iniziato i processi di digitalizzazione qualche anno fa, hanno capito da subito che l’evoluzione tecnologica e le regole imposte da industria 4.0 ci portavano nel mondo dell’era Digitale, Io&T, Big Data, Intelligenza artificiale, Robot collaborativi, pertanto chi si è mosso prima della pandemia ha sicuramente la possibilità di reagire e affrontare la ripartenza più rapidamente cogliendo tutte le opportunità che il mercato internazionale e nazionale ci offre. Chiaramente tutto questo non si improvvisa, sono necessari adeguati investimenti e una programmazione nel tempo.
In caso di parziali futuri lockdown siamo ora predisposti per affrontare al meglio questi imprevisti?
Sicuramente il Covid-19 ci ha colti impreparati. Le Istituzioni, il Governo e tutti gli enti preposti ne hanno dato dimostrazione, hanno dovuto improvvisare, è stata una dura lezione che ha sconvolto tutte le nostre abitudini di vita, sono emersi tutti i problemi che l’Italia da decenni teneva nel cassetto e che nessuno si prendeva la briga di affrontare: investimenti in infrastrutture, innovazione, ricerca, ambiente, sostenibilità sociale, sanità, politiche attive per il lavoro.
Dal canto loro le imprese hanno dimostrato da subito di essere pronte e a maggior ragione si sono organizzate autonomamente per far fronte alla pandemia. E’ chiaro che ci sono state molte difficoltà ma adesso il peggio è passato. I nostri imprenditori hanno bisogno di fiducia, di certezze, sanno che come sempre devono rimboccarsi le maniche perché la caparbietà, le competenze, la flessibilità, la voglia di lavorare, sono le fondamenta che da sempre caratterizzano e contraddistinguono l’eccellenza italiana. La politica deve dare conferme definitive ed essere a fianco di tutta l’imprenditoria italiana.
L’esperienza della pandemia determinerà un qualche cambiamento negli assetti produttivi e nelle catene di fornitura attuali?
Il problema ricade soprattutto sulle piccole e medie aziende (classiche del tessuto industriale italiano) che non hanno ancora affrontato il problema della digitalizzazione, basta pensare che in Italia solo il 30% delle aziende si è mossa in questo contesto. È chiaro ed evidente che con la drammatica crisi economica in atto le cose si complicano, le possibilità di investire in questo tipo di tecnologia si annulla se non sostenuta economicamente dalle Istituzioni. Un altro problema che sicuramente va considerato riguarda il cambiamento, essere aperti all’innovazione non è più una scelta ma una necessità.
Per essere competitivi e poter soddisfare l’esigenza del mercato occorre rivedere tutti i processi produttivi e organizzativi, un vero e profondo cambiamento mentale a ripensare comportamenti e abitudini radicate nel tempo, di conseguenza tutto è da rimettere in discussione, ci saranno nuove opportunità, nuove specializzazioni, nuove mansioni e una nuova ricollocazione degli operatori aziendali a garanzia della produzione, della continuità e della sicurezza.