La ripresa estiva, sia a livello globale che nazionale, ha determinato una previsione meno pessimistica di quanto preventivato in pieno lockdown. Tuttavia l’incertezza causata dalla seconda ondata Covid potrebbe portare a un raffreddamento degli indici economici, facendo slittare al 2021 un recupero più sostanziale. Tra le possibilità che si andavano accreditando all’inizio della pandemia sembra ormai prevalere una crescita discontinua, non più a V ma a doppia W.
A ottobre il World Economic Outlook del FMI ha stimato una contrazione del Pil globale del -4,4% nel 2020 e una ripresa del +5,2% nel 2021. Previsioni migliori di quelle stimate a giugno, anche se l’avanzare della seconda ondata non lascia presagire ottimismo. Meglio di quanto si ipotizzava nel trimestre scorso anche i dati relativi al commercio internazionale. Se il WTO lo scorso aprile prevedeva per il 2020 una caduta di due volte superiore (-32%) a quella registrata a seguito della crisi finanziaria del 2009 (-12%), nell’ultimo outlook lascia spazio a qualche ottimismo prevedendo una contrazione minore (-9,2%), grazie alla tenuta dell’export asiatico (a partire dalla Cina), e un aumento del +7,2% nel 2021. Anche l’ultimo World Economic Outlook FMI, reso noto il 13 ottobre, migliora le sue previsioni iniziali per il commercio globale in volume di beni e servizi: -10,4% per quest’anno, con invece una crescita del +8,3% nel 2021.
La ripartenza dell’Italia, è stata vivace e per certi versi sorprendente, affermano in Confindustria. Il dato di agosto relativo alla produzione industriale italiana ha sorpreso in positivo (+7,7% rispetto a luglio, -0,3% rispetto ad agosto 2019), portando il nostro Paese, che aveva subito il crollo maggiore dopo il lockdown, primo tra i maggiori partner europei ad aver superato i livelli pre-Covid (+0,4% rispetto a gennaio scorso). Tra giugno e settembre – ha affermato il premier Giuseppe Conte – siamo cresciuti più di Francia, Germania e Spagna. Un’affermazione che trova riscontro nei dati di Banca d’Italia, secondo la quale nel terzo trimestre il Pil dovrebbe essere balzato di un robusto 12%.
Anche i dati più recenti, relativi alla Lombardia, confermano il buon andamento dell’attività produttiva: in sensibile ripresa i consumi elettrici che a settembre sono stati del -3,6% inferiori ai valori del 2019, così come il traffico dei veicoli pesanti sulle tangenziali milanesi inferiore solo del -2% a metà ottobre. Certo, questa ripartenza ha contribuito ad attenuare il divario con il 2019, ma va tenuto presente che nei primi otto mesi del 2020, la perdita di produzione industriale italiana è stata del 15,4% rispetto al 2019.
La nuova ondata del Covid , con numeri di contagi e vittime che tornano a salire, costringe però l’Europa, con modi e tempi variabili, a richiudersi. Come fa notare l’Ispi, la recrudescenza della pandemia cui stiamo assistendo è un’ombra che grava sulla vivace ripresa a ‘V’ in atto nel manifatturiero italiano.
Le prospettive per l’autunno restano caute nelle aspettative sia di imprese sia di consumatori. Difatti, nonostante a settembre si registri un balzo accentuato rispetto al mese precedente, gli indici di fiducia si attestano ancora su livelli bassi, soprattutto lato imprese, e al di sotto di quelli pre-pandemia (-9 punti percentuali la fiducia del manifatturiero del Nord-Ovest rispetto a febbraio 2020; -6 punti percentuali l’indice dei consumatori).
La fragilità della ripresa è peraltro evidenziata dalla situazione critica del mercato del lavoro. Nel secondo trimestre 2020 la Lombardia ha registrato 110 mila occupati in meno rispetto al 2019 e un numero cospicuo di ‘scoraggiati’ che hanno rinunciato alla ricerca di un impiego.
Occorre anche evidenziare che alla risalita del manifatturiero si affiancano andamenti ancora molto depressi nei servizi, che patiscono più dell’industria i vincoli di distanziamento sociale e di mobilità. Pertanto, nel complesso dell’economia si delineano tempi di recupero delle perdite accumulate molto lunghi e ai rischi che emergono nel breve termine si sommano, in prospettiva, l’incertezza e l’indeterminatezza che riducono la visibilità sul futuro e la fiducia per imprese e famiglie.