Vi ricordate il film “Ecce Bombo”? Si tratta di uno dei film cult degli anni ’70-80, di Nanni Moretti; in una scena c’è una frase che ha fatto storia e che spesso riemerge ironicamente nelle nostre conversazioni: “Giro, vedo gente, mi muovo, conosco, faccio delle cose…”. Bene, spesso il marketing nelle aziende è considerato così!
Di Maria Lanzetta e Massimo Fucci
Ovvio che questa è una provocazione per strappare un sorriso, anche in molte realtà è proprio quello che succede. In queste aziende il marketing è vissuto- se va bene- come “aria fritta”. Un vero e proprio centro do costo che genera un insieme di attività dal ritorno incerto, con “la pretesa” di aiutare lo sviluppo del business.
Tanto è vero che, anche di recente (COVID 19), le spese di Marketing hanno subito un drastico taglio, paradossalmente proprio nel periodo e nelle situazioni in cui avrebbero potuto dare un notevole apporto.
Tutto ciò osservato e premesso. A questo punto meglio precisare che i coautori hanno sulle spalle una notevole esperienza in campo Marketing in aziende di riferimento. E per rispondere – sul nascere- a commenti facili il sottoscritto ha ricoperto con successo ruoli di Direzione Commerciale Italia e Mondo e può affermare sulla propria pelle che i migliori risultati gli ha ottenuti quando marketing e vendite hanno ben operato in sinergia.
Per cui gli autori sono sostenitori e fautori di attività marketing integrate con lo sviluppo commerciale, che nel medio periodo sono in grado di fornire risultati e garantiscono una certa continuità del business.
Aggiungo che avendo avuto scuola OLIVETTI (Dottor Di Pietro e Ingegner Pino Longo mi scusino per la segnalazione) ho compreso come al marketing debbano essere messe persone capaci (meglio se non yesman o yeswoman) in grado di comprendere e sviluppare il business. Non a caso il personale della DCI della grande Olivetti aveva coniato, con lungimiranza, il codice 100. Una funzione marketing a cui spettavano anche le prime vendite di nuovi prodotti… su questa esperienza veniva completato il piano di lancio (la bibbia-dimenticata- per ogni venditore) e partivano le truppe dei venditori
Anche oggi in alcune realtà- guarda caso quelle che hanno patito meno della situazione contingente- si è compreso che il marketing ha assolutamente una funzione chiave all’interno di un’organizzazione e, soprattutto, non può essere affidato all’improvvisazione, ma deve essere appannaggio di persone competenti. Pensiamo a come, in tante aziende, chiunque sia convinto di saper fare marketing: dal commerciale, al tecnico, all’amministratore delegato, addirittura anche il responsabile dei sistemi informativi!
Una sorta di impresa collettiva in cui gli italiani con leggerezza estrema passano dall’essere tutti CT della nazionale, tutti virologi etc etc.
Bene, è arrivato il momento di lasciarci alle spalle questo modello – se modello lo vogliamo chiamare – e capire che una strategia di marketing adeguata può impattare in modo estremamente positivo sul fatturato e la credibilità di un’azienda, mettendo in campo una metodologia che consenta di misurarne i risultati, sia in termini quantitativi, sia qualitativi.
Nello specifico, spesso nel mondo B2B, il marketing si traduce e si riduce in una disperata e spasmodica generazione dei “fatidici” leads, sperando di ricavare chissà quali opportunità di vendita, ma che poi si rivelano un enorme quantità di dati poco inutilizzabili.
Nel corso degli anni, per generare leads, si è passati dal marketing più tradizionale, noto come outbound – attraverso le telefonate a freddo del commerciale, il telemarketing, le DEM, la raccolta di nominativi durante fiere ed eventi vari – al marketing più moderno, ovvero inbound e social marketing, mettendo in piedi tutta una serie di attività digitali tali per cui i lead dovrebbero arrivare in maniera proattiva e non reattiva.
In realtà, al di là delle diverse modalità, quello che è importante capire è che per poter generare dei contatti utili, dai quali far nascere delle concrete opportunità di business – su cui costruire delle relazioni win-win –, bisogna lavorare secondo una metodologia mirata, quindi non operando una “pesca a traino”, tirando su di tutto, ma una “pesca mirata”, vale a dire “di qualità”, finalizzata a instaurare un rapporto con il nostro interlocutore da coltivare nel tempo, basato su rispetto e fiducia reciproca.
È quindi arrivato il momento di rivedere completamente l’approccio di leads generation, spesso destrutturato adottato fino ad ora, per ripensare totalmente il processo di vendita, di acquisto e di fidelizzazione. A questo scopo la prima cosa da fare è di non pesare al “lead”, semplicemente come un modulo compilato più o meno distrattamente, con dei dati più o meno attendibili, ma come persona pensante fatta di desideri, emozioni e necessità, non dimenticandosi mai che al centro delle nostre strategie ci deve essere sempre il cliente, senza mai perderlo di vista.
Attraverso un equilibrata integrazione delle diverse tecniche di inbound e outbound marketing, si potrà quindi costruire un percorso da fare insieme ai nostri potenziali clienti, fatto di scambio e interazione.
Tre sono i fattori chiave perché questo funzioni: empatia, ovvero l’abilità a sapersi “mettere nei panni di chi ci sta di fronte”; ascolto, quindi la capacità di acquisire quante più informazioni possibili per comprendere meglio l’interlocutore; competenza, per poter offrire le risposte più adeguate ai suoi bisogni e ai suoi desiderata.
In questo modo il potenziale cliente non è più un anonimo lead, ma una persona con cui dialogare e confrontarsi, per costruire insieme una soluzione ad hoc, specifica e personalizzata, con la quale l’atto dell’acquisto è solo l’inizio di un rapporto che durerà nel tempo, basato sul rispetto, fiducia reciproca e fidelizzazione.
Alla luce di ciò, apparare chiaro ed evidente che il marketing non può essere frutto dell’”arte dell’improvvisazione”, ma necessità di professionalità e competenze che non sempre sono presenti e disponibili in maniera esaustiva nelle aziende.
Le professionalità e le seniority richieste sono molteplici ed alcune si possono acquisire decidendo di farsi affiancare da professionisti che il marketing lo fanno di mestiere, in grado di andare ben oltre una sterile leads generation, aiutando invece a creare con i clienti relazioni autentiche e durature, basate su reciproco vantaggio.
Alla fine, è una questione di cultura Aziendale e manageriale. La competizione sui mercati si vince se si è bravi, se si comprende che il mondo è cambiato e continua a cambiare.
Bisogna ben comprendere la differenza tra struttura di marketing e funzioni di marketing. Cultura e funzioni vanno distribuite all’interno dell’azienda in un contesto collaborativo e sinergico. Solo così si potranno costruire gli elementi di base a supporto delle vendite, della progettazione, della qualità etc. Il marketing degli anni 2020 SCARAVOLTA la situazione. D’altronde a furia di cambiamenti incrementali ci si può aspettare solo una discontinuità: la disruption.
Vale a dire un approccio al Marketing aziendale distribuito in cui mercati e clienti sono (finalmente) la linea guida di tutti i processi aziendali e, quindi, delle diverse strutture.
Un salto quantico, senza dubbio, ma non è una novità è quello che da sempre i testi di riferimento del settore declamano a gran voce. Diciamo che la loro implementazione, nelle nostre aziende, presenta ampie aree di miglioramento.
Comprendere, decidere, cambiare….