SMS (Systems Modeling Simulation), MBSE (Model Based Systems Engineering). La nuova frontiera dei metodi e degli strumenti della nuova progettazione che ha tutte le carte in regola per sovvertire l’establishment del mondo CAD, FEA e/o PLM.
Umberto Cugini
Nel mondo dello sviluppo prodotto, negli uffici tecnici e negli studi di ingegneria non si parla quasi più di progettare macchine o sistemi integrati multitecnologici, ma piuttosto di progettare prodotti e/o servizi. E’ un atteggiamento che non è coerente con le dinamiche del mercato attuale: quello che oggi si richiede è infatti progettare soluzioni per problemi che, pur essendo totalmente eterogenei, hanno tutti una cosa in comune: la complessità. Ma per seguire questa linea ormai tracciata, i metodi e gli strumenti software di supporto fin qui utilizzati risultano inadatti, bisogna quindi adeguare metodi e strumenti di progettazione.
I nuovi paradigmi di riferimento
Nel mondo dei vendor e dei provider di software di supporto al progetto si parla sempre più spesso di SMS (Systems Modeling Simulation) o di MBSE (Model Based Systems Engineering), in sostanza di Simulation Driven Design. Questi modelli vengono proposti come i nuovi paradigmi di riferimento, la nuova frontiera dei metodi e degli strumenti che dovrebbero supportare, oggi e ancor più domani, la progettazione; quelli che, per intenderci, dovrebbero prendere il posto degli antichi e vetusti sistemi CAD, FEA e/o PLM.
Andare oltre la prototipazione
A ben vedere la simulazione è da sempre lo strumento principale di chi progetta e costruisce, con il fine di eliminare o, se questo non è possibile, di minimizzare la sperimentazione e validazione delle possibili soluzioni attraverso uno o più “prototipi” fisici e funzionanti. Il problema è che questo processo è lungo, costoso, e non esente da rischi perché ogni metodo e tecnica di prototipazione si basa su una semplificazione della realtà attraverso un modello – numerico o virtuale, comunque non fisico – che permetta, una volta definite delle situazioni limite, di verificare situazioni di rischio e/o estreme, di verificare e validare le performance, in modo da poter garantire la bontà, l’efficacia e l’affidabilità della soluzione progettata.
La definizione di modelli è intrinsecamente una semplificazione della realtà fisica limitata a ciò che è ritenuto l’essenziale della sperimentazione e delle modalità di verifica e validazione, che di solito sono definite come un certo numero di situazioni limite e/o estreme che caratterizzano le situazioni d’uso ma che sono anch’esse delle semplificazioni della realtà fisica.
Superare le limiti e criticità dell’approccio tradizionale
La rapida ed esponenziale crescita della potenza del calcolo numerico e il progredire dei metodi di simulazione numerica, permessi da questa evoluzione, permettono di ridurre drasticamente il grado di semplificazione ed approssimazione della realtà fisica dei “vecchi” metodi nati ai tempi del calcolo fatto a mano e della sperimentazione fisica di situazioni fisiche elementari da ricomporre poi in modo euristico affidandosi all’ “esperienza” maturata dal progettista, ma attraverso formule semplificate infarcite di coefficienti empirici e sperimentali.
La simulazione come elemento progettuale
Siamo quindi giunti nell’era di MBSE (Model-Based Systems Engineering) e SMS (Systems Modeling Simulation) cioè del Simulation Driven Design, che non è una semplice, quasi naturale, evoluzione di quanto si è sempre fatto, aumentato da un supporto digitale che può assicurare più precisione e rapidità. E’ proprio un cambio di paradigma. Come abbiamo detto la simulazione è sempre stata lo strumento del progettista, ma solitamente a valle del progetto, come strumento di verifica e validazione possibilmente non fisica per ridurre tempi e costi, e per ridurre se non eliminare i rischi di “failure”.
Il cambiamento sostanziale introdotto da approcci Simulation Driven Design è quello di utilizzare la simulazione a monte del progetto per simulare la/le situazioni fisiche in cui la soluzione che si sta progettando dovrà operare, per definire ed esplorare tutto lo spazio delle possibili/accettabili soluzioni con tutte le possibili varianti dei vincoli e/o delle condizioni al contorno per individuare così le soluzioni ottimali e soprattutto la loro correlazione e sensitività alla variazione dei vincoli e/o degli obiettivi.
Una più ampia conoscenza dei problemi
In sostanza, semplificando, si tende a fare un gran numero di progetti esplorando le combinazioni di vincoli di progetto ed obiettivi in modo da derivarne tutte le possibili correlazioni e/o dipendenze causali. In questo modo si realizza una mappa ed una analisi dello spazio delle possibili soluzioni basato sulle simulazioni che permette di proporre/fornire al progettista una visione globale delle soluzioni ottimali per ogni combinazione di specifiche e obiettivi per potere orientare al meglio la scelta più corretta per finalizzare e affinare ulteriormente il progetto.
Quindi, oltre ad indirizzare il progetto verso una soluzione ottimale, con questo processo si acquisisce un’ampia “esperienza” sul problema generale affrontato e si ha a disposizione una oggettiva conoscenza del problema posto in generale, con una serie di approfondimenti già fatti per ogni possibile richiesta di variazione di obiettivi e/o specifiche.
Considerato che il mondo industriale deve oggi fronteggiare e vincere le sfide poste dalla cosiddetta Industria 4.0, che possiamo riassumere e sintetizzare in:
- Crescente complessità dei prodotti e quindi crescente difficoltà della progettazione e gestione ottimizzata nell’intero ciclo di vita.
- Domanda/esigenza di massima flessibilità e scelta da parte del customer, quindi fine dell’approccio “one size fits all”.
- Crescente richiesta/necessità di Qualità e Affidabilità del prodotto e/o Servizio.
Ne consegue che l’approccio Simulation Driven Design sembra essere la risposta, ma cambia completamente i termini del problema perché solleva nuove domande (Simulare cosa?) e offre nuove risposte: simulare prima, simulare tutto; ottimizzare attraverso la simulazione
Le potenzialità dell’utilizzo di una logica di simulazione WHAT IF?
La modalità di approccio così definita si traduce in un processo di trial & error per via numerica, il cui obiettivo è evitare un lungo e costoso percorso di progettazione dettagliata che, in analisi finale, potrebbe rivelare risultati inaccettabili o non ottimali. Non solo, il nuovo paradigma di progettazione porta con sé la grande opportunità di esplorazione sistematica dello spazio delle soluzioni grazie all’applicazione di una logica di simulazione WHAT IF? che permette di raggiungere risultati superiori a quelli conseguibili attraverso simulazione di situazione standard predefinite.
Lifecycle digital twin strategy
Seguendo questa via i leader di mercato (in primis Siemens PLM Software e Altair) offrono la possibilità di impostare e abilitare una lifecycle digital twin strategy, tutta basata sulle tecnologie del virtual modeling e della simulation, che però richiede un’approfondita conoscenza e formalizzazione del contesto di utilizzazo e/o esercizio, basato su best practice per la simulazione dei processi oltre che su una approfondita knowledge del dominio applicativo.
Già oggi, in alcuni domini ad alta tecnologia (come l’aereonautico e l’automobilistico), si progettano soluzioni a problemi sempre più complessi, dinamici, e variabili nel tempo, ovvero sistemi multitecnologici supportati da un mix integrato e interconnesso di asset fisici e virtuali basandosi su MBSE (Model-based Systems Engineering) e SMS (Systems Modeling Simulation). E questa è verosmilmente l’evoluzione futura.
Quanto decrittto ci porta ad affermare che un approccio globale (olistico) alla progettazione supportato dall’attuale tecnologia software disponibile è la base per la futura (ma non troppo) migrazione verso i physics-based digital twin.