Smart City, uno spazio il cui denominatore comune è costituito da applicazioni che si basano sulla circolazione dei dati all’interno di ecosistemi digitali. Significa progettare il perimetro sociale e urbano in logica digitale abilitando la creazione di vere e proprie infosfere. Il tutto, facendo leva su soluzioni e progetti che possono essere generati dall’interconnessione e dall’analisi dei dati, siano essi riferibili all’energy management, alla sicurezza, si pensi al controllo degli accessi e delle identità, così come al monitoraggio di tutti quei parametri funzionali e vegetativi di una multiforme dimensione metropolitana.
Alla base di progetti di città digitali, qualunque sia il contesto di riferimento, vi è la necessita di acquisire dati, grandi quantità di dati, strutturati e non strutturati. Premessa per intraprendere un percorso di questo tipo è poter disporre di un’infrastruttura – wired e wireline – in grado di abilitare il flusso di dati generati da dispositivi e sensori. Il che vuol dire connettività diffusa e capillare a livello periferico (edge) e capacità di trasporto illimitata sulle arterie di trasporto digitale primarie. Il tutto in un contesto infrastrutturale dove IoT, cloud e mobile si rivelano essere la chiave di volta per l’abilitazione di nuovi servizi.
Su questo modello si sono affermate le nuove città nazioni, luoghi dove si concentrano milioni di persone e nelle quali la tecnologia è la chiave di volta per garantire una gestione efficiente del complesso articolato insieme di cose e persone, queste ultime riferibili, se vogliamo utilizzare una logica digitale, all’internet of everything in quanto sia le une (persone) che le altre (cose), possono essere assimilate in un network digitale.
La progressione nella creazione di tessuti urbani ad alto tasso digitale è un fenomeno destinato ad intensificarsi. Secondo un recente studio di Bcc Research, che ha preso in esame 5.000 città medio grandi a livello globale, circa 600, non ultima Milano, dichiarano di volere integrare progetti smart city nei propri piani di sviluppo. Non è un caso. Da più parti si afferma infatti che la capacità di attrazione di forza lavoro qualificata è sempre più condizionata dall’esistenza di ecosistemi smart.
Complessivamente si prevede che nel 2021 gli investimenti destinati a questo tipo di progetti possano generare una spesa nell’ordine di 775 miliardi di dollari, il doppio del valore che si stima sia stato generato nel 2016 (342 miliardi). Cifra che in massima parte deriverà da progetti che verranno realizzati in Nord America e Cina. Ma anche l’Europa non sta a guardare e il punto di riferimento è il programma Horizon 2020.
Esempi virtuosi di città digitali sono Londra, Barcellona, New York, Singapore, Shangai, Hong Kong e in forma sempre più accentuata città emergenti dell’Asia, come Kuala Lumpur in Malesia e Bangkok in Thailandia o, ancora, Dubai negli Emirati Arabi. Realtà, queste ultime, che dimostrano come la tecnologia possa essere il motore per progettare il proprio futuro.