Se fino ad ora il robot è stato l’elemento caratterizzante la linea di produzione per antonomasia – quella dell’automotive e dei semiconduttori – con il nuovo decennio si assisterà a una diffusione di una nuova generazione di automi trasversale a più settori di industry
Con l’avvento della data economy, le discontinuità di mercato tendono ad accentuare la criticità strutturale dei modelli di business tradizionali. Le imprese vincenti sono quelle che sanno pensare e agire velocemente, che ragionano fuori dagli schemi abituali e sono pronte a innovare per trasformarsi continuamente. Lo dimostra quanto avvenuto in questi ultimi anni: le imprese che più hanno innovato, in particolare nel settore manifatturiero, sono riuscite a migliorare le performance di business complessive. Ed è ciò che sta accadendo anche adesso, nonostante il covid e tutte le criticità con cui ci si deve confrontare. Come molti analisti tendono a osservare l’attuale fase contribuirà ad accelerare gli investimenti in automazione, poiché è da questa, così come sempre è stato, che sarà possibile ottenere incrementi di produttività. Automazione che sarà sempre più associata a una robotica collaborativa. Ma quanto sono diffusi i robot? Dove trovano la loro collocazione ideale? Quali sono le attuali prospettive? Ecco l’attuale scenario rapportato alla densità robotica nell’industria manifatturiera.
La robotica in Italia e nel mondo
Come cambierà il mondo della produzione per effetto dell’automazione robotica? Secondo l’International Federation of Robotics (Ifr) nel mondo manifatturiero/industriale risultano installati 2,7 milioni di robot.
Il 12% in più rispetto al 2018 e il triplo rispetto al censimento del 2009. Più della metà, 1,68 milioni, sono utilizzati dall’industria del sud est asiatico. Ma una bella quota è assoldata dall’industria europea che ne utilizza ben 580mila. Al terzo posto nord e sud America dove ne sono presenti 389mila. I comparti a più alta densità per numero di macchine installate sono l’automotive, con 923mila unità, e l’elettronica, che ne annovera 672mila: insieme rappresentano circa il 60% dell’installato globale. 373mila le nuove unità installate nell’anno per un valore di 13,8 miliardi dollari (245mila Asia, 72mila in Europa e 48mila in America). Di tutte le macchine entrate in fabbrica nel 2019 solo 18mila, vale a dire il 5%, sono cobot. A trainare le vendite è la Cina, diventato negli anni il paese più affamato di robot: 140 mila le nuove unità installate. A seguire il Giappone e poi gli Stati Uniti, la Corea del Sud, la Germania.
L’Italia guadagna la sesta posizione con circa 11mila nuove installazioni e si colloca al decimo posto per indice di densità robotica ( 2,12%), seconda in Europa solo a Germania (3,46%) e Svezia (2,77%).
Robotica, una battuta d’arresto. Ma dal 2021 si attende il grande salto
Nel 2019 il comparto della robotica mondiale ha registrato una flessione del 12%, interrompendo la crescita costante che si era evidenziata a partire dal 2009. Una dinamica dovuta alla contrazione del commercio globale e innescata del rapporto conflittuale Usa/Cina. Ma è solo una battuta d’arresto: al di là di quelli che saranno i numeri del 2020, inevitabilmente condizionati dalla crisi economica indotta dal COVID 19, il 2021 si apre all’insegna di una nuova espansione del mercato, dettata soprattutto dall’utilizzo di cobot, AMR(Autonomous mobile robot) e veicoli a guida autonoma (Agv). Sono queste le tecnologie che la maggior parte degli osservatori ritiene possano cambiare radicalmente lo scenario industriale dell’automazione. Se fino ad ora il robot è stato l’elemento caratterizzante la linea di produzione per antonomasia – quella dell’automotive e dei semiconduttori – con il nuovo decennio si assisterà a una diffusione di una nuova generazione di automi che sarà trasversale a più settori di industry. Un fenomeno che non interesserà sole le grandi aziende ma anche le Pmi , poiché la flessibilità e la capacità delle nuove macchine collaborative potranno portare nuova efficienza e produttività.
La robotica che crea nuova occupazione
Più robot meno posti di lavoro? I dati Ifr smentiscono questa equazione. Secondo gli analisti, la progressiva e maggiore densità di robot non ha dato vita a una contrazione del mercato del lavoro. prendendo come riferimento gli Stati Uniti si afferma infatti che nel quinquennio 2013-2018 l’occupazione nell’automotive è cresciuta del 22% passando da 824 mila a oltre un milione di lavoratori. Altrettanto è avvenuto in Germania: tra il 2010 e il 2019 il numero di persone impiegate nell’industria automobilistica è passato da 720mila a 850mila unità. «L’impatto della robotica segue la stessa dinamica che ha contraddistinto l’evoluzione dell’automazione. Più robotica significa più produttività e nuova occupazione»», dichiara Milton Guerry, presidente di Ifr. Un’affermazione in sintonia con quanto da tempo va dicendo Marco Bentivogli, ex segretario Fim-Cisl e attento osservatore del mondo delle nuove tecnologie: «Dove è più elevata la densità di robot minore è la disoccupazione. Le imprese che investono in queste tecnologie mostrano una competitività più elevata e offrono una qualità del lavoro migliore, spesso con salari più alti». Che poi, a ben vedere, non è che di robot ce ne siano davvero tanti in attività in rapporto al numero di lavoratori. In base ai dati Ifr (aggiornati al 2019), nell’industria manifatturiera mondiale la densità media dei robot è di 113 unità ogni 10mila lavoratori (1,13%). Le aree geografiche a più alta concentrazione? L’Europa dell’ovest dove il rapporto robot/operatori è del 2,25% e a seguire i paesi del nord Europa (2.04%) l’America (1,53%) e il Sud Est Asiatico (1,19%). I paesi più robotizzati sono invece Singapore, Corea del Sud, Giappone, Germania, Svezia, Danimarca, Hong Kong, Taiwan, Usa e Belgio. L’Italia certo non sfigura: nella classifica mondiale è al decimo posto con un indice di densità robotica pari al 2,12%, seconda in Europa solo a Germania (3,46%) e Svezia (2,77%).
La nuova frontiera collaborativa
I vecchi robot industriali, quelli tradizionalmente utilizzati nelle grandi linee di produzione di massa, erano molto competenti in precisione e ripetibilità, programmati per un compito specifico. Avevano necessità di componenti e integrazione, erano costosi e richiedevano programmatori esperti. Le ultime generazioni di robot cooperativi invece vedono, percepiscono l’ambiente e le persone, sono sicuri, focalizzati sulla flessibilità e sulla facilità di utilizzo, eseguono i compiti assegnati proprio come un operatore umano e si integrano perfettamente con altre macchine e persone. Non solo, possono essere addestrati da qualsiasi operatore e hanno costi molto bassi.
L’automazione 4.0 avanzata ha un netto effetto positivo sulla domanda di lavoro. L’automazione riduce infatti i costi di produzione, riduce i costi del prodotto, riduce il prezzo dei prodotti. E la riduzione del prezzo del prodotto aumenta la domanda di prodotti, l’aumento della domanda di prodotti aumenta l’occupazione.